Tutto è cominciato 3 anni fa.
A 60 anni, una vita da bancario alle spalle, 3 figli ormai sposati e fuori casa, tanto tempo a disposizione e la voglia di fare qualcosa di utile per gli altri, così ho iniziato a viaggiare per la Protezione Civile.
All'inizio il fatto di andare per il mondo da solo (io che avevo fatto si tanti viaggi, ma tutti in gruppo ed organizzati) mi aveva dato un po' di ansia, ma poi ho cominciata ad avvertire la soddisfazione di essere solo, non condizionato dalle esigenze e dalle scelte obbligate del gruppo, e riuscire a muovermi, a prendere le decisioni migliori e più' veloci per le varie situazioni in cui mi sono trovato. Sono cresciuto e mi sono sentito gratificato per il lavoro svolto a favore di tante persone meno fortunate di me per i loro problemi di salute.
Ho acquistato una sicurezza, che nonostante gli anni, mi mancava, rendendomi conto che ero proprio io che da solo per il mondo andavo a cogliere l'ultima possibilità per la sopravvivenza di un essere umano.
Questa soddisfazione/responsabilità ti fa superare i sacrifici ed i disagi inevitabili, quando vai in giro per ospedali, non sempre pronti ad aiutarti ed a rispettare gli orari in relazione ai voli possibili per la conclusione della missione. Così capita che devi aspettare con lo stress di perdere il volo ed aspettare 5-6 o più ore all'aeroporto, sapendo che è invece fondamentale reinfondere le cellule o il midollo nel più breve tempo possibile dal prelievo.
Durante tante di queste missioni ho avuto belle esperienze ed ho riacquistato la fiducia nel genere umano. Molte persone sono nel mio ricordo per le gentilezze prestatemi gratuitamente, vuoi l'anziano poliziotto di colore all'aeroporto di Chicago, che fidandosi di me, mi ha fatto superare tutta una serpentina di più di 200 persone al check in ed ai controlli polizia, permettendomi di prendere l'aereo che altrimenti avrei perso, o una dirigente Alitalia in giro per ispezioni, incontrata per caso, all'aeroporto di Brest e con un volo cancellato che si impegnava e mi trovava un alto posto sull’ultimo volo per l'Italia, passando da Lione anziché da Parigi, e facendomi bypassare tutti i controlli in pochi minuti.
Senza parlare poi di come ti senti quando dopo tante attese e corse, arrivi all'ospedale destinatario e trovi ad attenderti i parenti dell’ammalato che ti vedono come un miracolo e con sguardi e sorrisi ti ringraziano per essere arrivato.
Qualche volta mi è anche capitato di incontrare il donatore e capire che ci sono veramente tante persone generose al mondo. A Washington un donatore ancora sdraiato sul lettino nel reparto mi passò un biglietto anonimo con parole di buon augurio ed un crocifissino per il ricevente.
Anche in italia (a Roma) al policlinico, mentre aspettavo davanti alle sale operatorie, col mio fedele frigo/contenitore, sono stato avvicinato dai genitori del donatore: due persone dall’aspetto modesto, ma ricche di fede e d'amore per il figlio che a 19 anni aveva deciso di donare il midollo, e loro preoccupati stavano in piedi dal mattino presto davanti alle sale operatorie, stressati ma serafici nel rispetto della volontà del figlio e felici per la sua donazione che forse avrebbe salvato la vita ad una bambina di Genova.
Ho vissuto così tante esperienze che mi hanno arricchito e dato di più di quello che io ho dato, facendomi superare il sacrificio di perdere nottate di sonno o di arrivare a casa dopo un lungo viaggio di ritorno in treno nel cuore della notte.
Grazie Protezione Civile per queste belle esperienze e grazie anche per l’aspetto turistico delle missioni; nei giorni che precedono la consegna ho visto tantissime città e paesi che forse non avrei mai visitato ed ho arricchito notevolmente il mio bagaglio culturale ed anche culinario.
Una delle esperienze più forti è stata la visita di Gerusalemme dopo pochi giorni che a Norimberga avevo visto lo stadio/viale ora semidistrutto, dove sfilavano in parata le milizie tedesche davanti a Hitler e rivedere nel museo ebraico dello shoa, in una successione di sale e sale con proiezioni di filmati d’epoca dello stesso viale pieno di bandiere e di una folla inneggiante e poi sale e sale piene di montagne di scarpe e vestiti e miseri resti di ebrei provenienti dai campi di concentramento; sono scappato fuori con un terribile groppo in gola.
A conclusione di questi miei brevi accenni alle mie sensazioni ed esperienze nelle varie missioni, per ultimo ma non per importanza, un grazie alla nostra Patrizia, che nonostante le complicazioni che possono capitare a tutte le ore, é sempre pronta a risolvere i problemi ed a riportarti a casa sano e salvo; ma cara Patty, non c’è bisogno che tu mi telefoni in continuazione preoccupandoti fino a che non mi sai arrivato a casa (mi vorresti anche rincalzare le coperte?).
Sei come una mamma per tutti noi, grazie di nuovo amica Patty.
Con affetto Sergio (detto anche Bernardo)