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Roberto L. P.

Ho cominciato la mia attività di volontariato nel Nucleo Operativo di Protezione Civile già da tre anni, ma con un impegno sempre crescente a partire da circa un anno. Le mie prime esperienze di vita importanti, rivolte all’aiuto verso il prossimo l’ho fatte nel corpo dei Vigili del Fuoco e da quel momento mi sono appassionato a tutte quelle attività che comportavano un impegno ad aiutare gli altri. Sentivo una forza trainante che negli anni mi ha fatto dedicare a vari settori che hanno come comune denominatore un impegno verso il prossimo. È così che, dopo l’attività di pompiere, mi sono dedicato prima al 118, con attività sulle ambulanze, e successivamente sono approdato alla odierna esperienza, che sto vivendo con molto entusiasmo.

 

All’inizio entrare a far parte di questa squadra è stato particolarmente impegnativo in quanto ho dovuto sottopormi a diversi test e alcuni corsi che, col tempo, mi hanno portato a poter mettere a disposizione la mia esperienza anche nel campo dei trapianti. In pratica sono diventato esperto di logistica dei trapianti e la mia responsabilità principale è quella di trasportare in sicurezza le equipe mediche che eseguono i trapianti e gli organi umani prelevati che saranno utilizzati a scopo di trapianto. Si tratta di un’esperienza in cui sto dando tutto me stesso e mi rende particolarmente fiero e che, allo stesso tempo, mi ha portato a vedere e capire cose di cui non avrei mai avuto conoscenza diretta.

Ogni esperienza è sempre un incognita per vari motivi ed ognuna è una storia a sé; infatti non sai mai con largo anticipo quando ci sarà da partire, per cosa, per dove, con chi e per chi, ma d’altra parte anche la vita è così ed é questo che la rende così misteriosa ed affascinante allo stesso tempo. In effetti, la maggior parte delle volte, vengo allertato con poche ore di anticipo, a volte molto meno e solo allora vengo informato con quale equipe andare, quale organo devono prelevare.

In tutte le partenze, che comportano spostamenti a volte lunghi e spesso anche con traffico intenso, è particolarmente importante mantenere nervi saldi e tranquillità personale, in maniera da arrivare a destinazione in un tempo sì rapido ma anche in piena sicurezza, trasmettendo quel senso di sicurezza a chi si affida nelle tue mani. Nelle missioni, nonostante i dispositivi supplementari di allarme attivati, quali lampeggiatore blu e sirena, cerco sempre di avere una guida pacata e attenta, in maniera da dare il mio contributo alla vita non solo trasportando un carico prezioso ma anche salvaguardando quella di chi mi si affida.

Sono molti gli episodi che, ogni tanto, mi ritornano alla mente ed ognuno meriterebbe una storia a sé, ma in particolare mi tornano in mente tre “avventure” che mi sono capitate.

La prima è stata di quella volta che effettuai un trasferimento dell’equipe medica di trapianto di organi da Pisa a Torino per un prelievo di fegato. Mi ricordo che il viaggio fu lungo e impegnativo: pioveva a dirotto, la strada era molto trafficata e la visibilità assai ridotta. Ci fu un tratto in cui iniziò anche a grandinare forte; in macchina tutti stavano in silenzio e la mia tensione, dovuta alla concentrazione nella guida, era assai elevata, rotta solo dallo scroscio della grandine che batteva forte sul metallo. Procedevamo a rilento e non poteva essere altrimenti; le macchine davanti a me mi lasciavano strada solo a distanza ravvicinata perché in quella situazione facevano fatica a scorgere che stavo sopraggiungendo da dietro di loro con il lampeggiatore blu acceso. Dopo diverso tempo arrivammo a Torino; nonostante il supporto che dovevo fornire all’equipe medica nei rapporti sia con la nostra sede che con il coordinamento organizzativo del centro trapianti dove sarebbe successivamente avvenuto il trapianto, riuscii comunque a rilassarmi un po’. Adesso era l’equipe medica che doveva dare il massimo! Mi resi conto che l’intervento fu un po’ più impegnativo del solito, in quanto i chirurghi avevano proceduto ad uno “split”, ovvero la suddivisione del fegato in due parti (eseguita in casi in cui ci sia compatibilità con riceventi di età giovanile) così che potesse servire per due bambini. Infatti il fegato è un organo che, se trapiantato ad un bambino o ad una persona giovane, ricresce tornando alla sua dimensione necessaria per il buon funzionamento dell’organismo. Era la prima volta che vedevo eseguire questo tipo di intervento e ne fui molto incuriosito. Portato a termine il prelievo riprendemmo il viaggio con una metà del fegato; l’altra era rimasta a Torino per un ricevente in loco. La pioggia incessante e la grandine che avevamo incontrato all’andata si era dissolta in una nebbia che a tratti era particolarmente fitta e limitava assai la mia visibilità, associata al buio della notte che, nel frattempo, era scesa fonda. Era molto faticoso guidare in quella situazione mantenendo alta la concentrazione. I miei compagni di viaggio dormivano; il loro riposo era il seguito ed preludio delle loro grandi fatiche: prelievo già svolto e prossimo trapianto una volta giunti a destinazione. Ricordo che ad un certo punto trovai un’altra auto con lampeggiatore blu che procedeva nella stessa nostra direzione. Non so chi fosse perché la targa era anonima; se si trattasse di un servizio di scorta di sicurezza a qualche personaggio politico o giudice o se fosse una macchina appartenente alle forze dell’ordine è una curiosità che mi è rimasta e alla quale non saprei rispondere. In ogni caso percorremmo diverse decine di chilometri insieme, dandoci il cambio un paio di volte nel procedere in posizione avanzata, così da suddividere un po’ per uno la parte che prevedeva maggiore attenzione e particolare prontezza di riflessi in caso di strada interrotta da qualche mezzo fermo o code di automezzi. Giunto all’ospedale Cisanello di Pisa scendemmo dalla macchina e aiutai l’equipe, come sempre, a portare l’organo verso la sala operatoria. Fatta la consegna salutai augurando buon lavoro all’equipe che doveva proseguire il lavoro con il trapianto e mi apprestai a dirigermi alla macchina per tornare verso casa. All’esterno del reparto ritrovai le persone che al nostro arrivo avevo già scorto e che ci guardavano incuriositi da qualche passo di distanza. Questa volta però si avvicinarono; erano i familiari del ricevente il fegato donato e mi ringraziarono in una forma molto commovente. Da quel giorno so per certo che quest’attività che svolgo è il massimo della gratificazione rispetto agli sforzi fatti. Ho capito che è molto più importante delle precedenti esperienze perché con essa si arriva al cuore della gente.

La seconda esperienza che mi ha colpito particolarmente e mi soggiunge alla memoria è la circostanza in cui è stato fatto il prelievo di cuore ad una bimba di 14 anni. Avevo preso in consegna l’equipe cardiochirurgica all’aeroporto di Firenze, proveniente dall’ospedale “Bambin Gesù” di Roma, con un volo aereo. Parlando con il capo equipe, venni a sapere che il cuore era destinato ad un altro bambino di 11 anni già trapiantato in precedenza, ma con una disfunzione grave che causava problemi al primo organo trapiantato e che pertanto necessitava di un secondo intervento. In quel momento mi sono venuti alla mente tante di quelle cose… tanti di quei pensieri… Quanto fosse importante, nel mio piccolo, il mio intervento rispetto a quello che succedeva intorno a me. Mi sono sentito particolarmente coinvolto, avvertendo un trasporto interiore di amore e altruismo. Successivamente al prelievo di quel cuoricino che, rovescio della medaglia di quel tragico evento, rappresentava la vita per un’altra creatura sicuramente tanto amata dai genitori che chissà con quanta ansia vivevano quei momenti, mi apprestai a riaccompagnare l’equipe medica e l’organo. Accompagnai tutti, all’aeroporto, cercando di rispettare tutti gli orari. Il cuore infatti ha un tempo di ischemia (lasso di tempo che un organo può sopravvivere conservandosi ottimamente prima di essere trapiantato) di circa 4 ore massimo ed è quindi di vitale importanza che i tempi di trasferimento fra le strutture di prelievo e trapianto siano minime.

L’ultimo episodio che rammento in questo momento, accaduto poche ore fa, é il trasporto di un rene da Bologna all’ospedale Careggi di Firenze. In quest’occasione i medici avevano già cominciato ad operare il paziente e stavano aspettando l’organo per poter portare a termine il trapianto. Sapendo che tutti stavano aspettando il mio intervento di consegna dell’organo, mi sono sentito particolarmente utile e soddisfatto che la mia giornata sia servita a salvare una vita umana.

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