Un lungo pianto liberatorio
Non credo di essere molto bravo nell’esprimermi fra grammatica ed ortografia; ma ciò che voglio, con questo mio racconto, è di riuscire a descrivere un po’ i sentimenti che mi spingono in questa straordinaria avventura. Eccomi così a fare, a modo mio, la “cronaca” di uno dei viaggi salvavita che ho vissuto. Voglio così anch’io contribuire a festeggiare una ricorrenza importante che, oltre a coinvolgermi personalmente, coinvolge un nutrito gruppo di colleghi, ma soprattutto amici giramondo che, tutti insieme, partecipano quotidianamente al raggiungimento di un obiettivo comune molto importante.
Patrizia e Massimo, che del Nucleo Operativo di Protezione Civile Trasporto Organi sono molto più che il cuore e l'anima, meritano una grande festa per il raggiungimento di 20 anni di attività. Un traguardo che sono certo riempie di orgoglio non solo loro… Chissà quante persone nel mondo hanno ricominciato a vivere grazie al loro quotidiano impegno.
Conoscevo questo speciale gruppo da diversi anni; fu un amico a parlarmene. Lui era uno dei volontari e iniziò a raccontarmi delle sue missioni intorno al mondo, delle sue corse fra aeroporti, ospedali e hotel, in maniera così coinvolgente ed esaustiva che mi ripromisi: “appena vado in pensione voglio dare il mio contributo anch’io!”
E così ho fatto. Dopo un anno di pensione, quando avevo esaurito la scorta delle cose che ti riprometti sempre di fare quando avrai tempo, cominciai a sentire, sempre più forte, il desiderio di fare qualcosa. Non pensavo ad ammazzare il tempo a una bocciofila o con gli amici, oppure a giocare a carte in qualche circolo fumoso. Volevo di più. Volevo fare del volontariato. Il desiderio di aiutare il prossimo nei momenti di bisogno è sempre stato del resto uno degli obiettivi che mi ero sempre ripromesso di raggiungere nella vita.
Quando lavori non hai tempo, sei troppo preso dal tran tran del quotidiano e quando hai più tempo cominci allora a sfogliare la margherita pensando a quale, fra i molti modi e forme di volontariato, sia quello che più si aggrada ai tuoi bisogni, quello che meglio ti permette di conciliare la vita familiare al tempo libero.
Fu così, per caso, che, mentre ero sfogliare questa mia margherita, risentii quell’amico al telefono; e fu amore improvviso! Chiamai subito Patrizia la coordinatrice, fissammo un appuntamento a Pisa; il resto eccolo qua…
Sono un volontario del Nucleo Operativo di Protezione Civile da meno di un anno; le mie esperienze sono davvero poche rispetto a quelle che possono raccontare tanti colleghi di più lunga militanza. Nelle mie poche missioni di consegna e ritiro cellule staminali e linfociti mi sono quasi sempre sentito, agli occhi degli addetti del centro trapianti dove consegnavo il prezioso carico, poco più che un corriere che consegna il suo pacchetto. Sicuramente tutto questo era dovuto solo al caso, forse nella mia immaginazione mi aspettavo un’accoglienza diversa, più coinvolgente come qualcuno mi aveva raccontato.
Ma nell’ultimo mio viaggio in cui ho trasportato midollo osseo destinato ad una piccola paziente tutto è stato diverso; in tutti i sensi.
Sarà perché quella parola “midollo osseo” ha attirato subito la mia attenzione, sarà perché il prezioso carico era destinato ad un piccolo paziente…
Ebbene sì, personalmente ho un concetto dei bambini un po’ speciale. Per me loro sono inviolabili, sono la nostra vita, sono il futuro del mondo, sono il vero patrimonio dell’umanità e per questo, essendo piccoli e indifesi, vanno tutelati, protetti, rispettati e salvaguardati. Non accetterò mai che un bimbo venga violato e maltrattato da chiunque… comprese le malattie.
Ecco perché, man mano che si avvicinava il giorno della partenza, mi trovavo sempre più spesso a pensare a quella bambina di Santiago de Compostela e a quanto stesse soffrendo lottando per la vita in un letto d'ospedale. Ogni giorno che passava, pur senza conoscerla e sapendo solo il suo nome che leggevo sui miei documenti, mi affezionavo sempre più. Il giorno della partenza fu quindi come una liberazione: “finalmente è arrivato il tuo giorno carissima. Arrivo!”
In quella umida, grigia e curata cittadina tedesca tutto andò bene, così come al centro prelievi, dove ritirai felice ed emozionato il prezioso midollo destinato alla mia piccola amichetta spagnola. I problemi cominciarono però in aeroporto, quando quelle macchinette infernali che emettono il check-in non ne volevano proprio sapere di accettare il mio codice di prenotazione. Come sentinelle gialle e rigide, stavano lì, a risputarmi in continuo la mia prenotazione. Più e più tentativi, ma niente da fare. Il sudore cominciava a rugarmi la fronte e poi la decisione di mettermi in coda per effettuare il check-in tradizionale al banco.
Mentre ero in coda a combattere con il mio sudore, la mia ansia e la mia rabbia, mi arrivò la telefonata di Patrizia, la coordinatrice, che mi avvertì che mi aveva “riprotetto” su un altro volo perché quello previsto per la mia coincidenza non c’era più.
Mi si piegarono le gambe, il sudore mi si fermò all’improvviso freddandosi sulla fronte, la mia voce divenne roca al telefono. Fu una batosta tremenda quella comunicazione. Non pensai nemmeno per un attimo al mio disagio, ma al possibile ritardo che il carico di vita doveva subire. La mia amichetta spagnola mi aspettava per rinascere.
Il mio viaggio previsto da Norimberga a Santiago de Compostela, via Palma di Maiorca, non c’era più e la proposta fatta dalla compagnia aerea era di farmi arrivare a Santiago via Palma di Maiorca, Madrid, Bilbao… Un viaggio infinito. Quando sarei arrivato?!? Allora, passata la bastonata del primo minuto, reagii deciso ed educato. Dovevo fare qualcosa per forza; e dovevo farlo subito. Chiesi di parlare col capo turno e spiegai a lui le ragioni del mio viaggio. Guardava me parlare concitatamente e deciso; guardava il mio frigo che la mano stringeva forte. Capì; e mi pregò di seguirlo in biglietteria per trovare una soluzione migliore. Nel frattempo parlai molte altre volte, tante, non ricordo nemmeno quante, con Patrizia, che stava anche lei cercando nel frattempo una soluzione ottimale per farmi giungere a Santiago nel minor tempo possibile; ma, nonostante l’impegno di tanti, il tempo passava e una valida alternativa sembrava non arrivare.
Istanti eterni, infiniti. Fino a quello squillo deciso del telefono, quando Patrizia, con la sua voce ancora più squillante del solito, mi annunciò che il volo c’era, ma che la coincidenza era strettissima: soli cinque minuti. Percepii solo la parte bella della comunicazione: il volo c'era! Quella notizia a me bastò; fu come una liberazione, perché da esperto di problemi aeroportuali, sapevo che a quel punto toccava mettere del mio. Suggerii a Patrizia e al capo turno che aveva preso a cuore il mio viaggio tutta una serie di iniziative che mi avrebbero permesso di non perdere quella coincidenza. Quel rigido educato signore tedesco chiamò subito il coordinamento operativo della compagnia per esporre il problema. Parlò molto ed animatamente al telefono; purtroppo lo fece in tedesco e non compresi. Finita la telefonata cercai nel suo sguardo una risposta; forse cercavo una certezza che lui non poteva darmi. Mi porse con la mano le carte originali e mi pregò di correre all’imbarco una volta che fossi arrivato nell’aeroporto in cui avevo la coincidenza tanto stretta. Capii da quello che forse sì, ce l’avrei fatta. Lui ci aveva messo del suo, e quello sguardo con cui mi pose i fogli fu come un “in bocca al lupo amico mio”. M’imbarcai per primo sul primo volo e, arrivato al portellone, chiamai fuori la capo cabina e, spiegate bene anche a lei le ragioni del mio viaggio e la strettissima coincidenza che mi attendeva, la informai di una serie di accorgimenti da riferire al comandante per permettermi di non perdere quella coincidenza. La donna mi guardò molto sorpresa per le iniziative suggerite con rispetto delle parti e senza arroganza di sorta. Anche lei abbassò lo sguardo e puntò dritta sul mio frigo; rialzò lo sguardo, mi sorrise, capì che, del resto, le iniziative suggerite non avrebbero dato fastidio a nessun altro passeggero, e riferì al comandante. Viaggiai quasi in trance, sperando che il volo non accumulasse ritardi, che nessun altro piccolo problema si frapponesse fra me e la bimba spagnola. Stavamo viaggiando sul filo dei minuti e anche qualsiasi piccolezza poteva far saltare il banco. Il Mediterraneo, fuori dal mio oblò, diventava sempre più vicino… intravidi la spiaggia… poi la pista. Ecco! siamo a Palma di Maiorca; qui ho la mia strettissima coincidenza da non perdere. Piccola mia! Atterrati. E, come la spia di servizio spense la luce delle cinture, balzai in piedi e vicino a me si materializzò il secondo pilota che mi accompagnò ad un impiegato di rampa che con un auto di servizio mi accompagnò al volo. Salii dalla scaletta laterale del finger, mescolandomi agli altri passeggeri che si stavano imbarcando.
Ce l’avevo fatta! Mi sedetti al posto assegnato, mi rilassai e sorrisi. Durante il volo una hostess col sorriso educato mi avvertì che aveva un posto libero in seconda fila per me; una signora mi aveva ceduto il suo per farmi essere più veloce a scendere una volta giunto in aeroporto. Ringraziai con altrettanta educazione e gentilezza la hostess e quella signora che mi aveva ceduto il posto. Volti come fotografie nella mia memoria.
Arrivato all’aeroporto di Santiago de Compostela scesi per primo, corsi verso il taxi e arrivai addirittura in anticipo in ospedale. Un' infermiere mi accompagnò al reparto per la consegna del mio carico di vita. Purtroppo per fare questo dovetti passare attraverso il reparto di pediatria, dove era ricoverata la bimba. In quel momento sentivo le mie guance bagnate, ma questa volta non era il sudore delle corse in aeroporto… erano lacrime di commozione che non riuscivo a fermare.
La commozione era davvero tanta; mi sentii parte integrante di una probabile guarigione. Arrivato al reparto la dottoressa di turno, vedendomi gli occhi lucidi, mi chiese se era tutto a posto e risposi di si. I nostri sguardi e sorrisi s’incrociarono per un attimo e non servirono altre parole. Mi accolse con gioia quella dottoressa; era emozionata anche lei, forse come lo ero io. Non mi fece sentire un corriere che consegna un pacco, ma il portatore di un miracolo divino. Sbrigai tutte le pratiche; controllammo insieme sacche, provette, documenti, codici, ecc. Consegnai il tutto; salutai stringendo fortemente la mano e chiesi della toilette. Crollai dall’emozione, mi sedetti sulla tazza e piansi lungamente…