Qualcosa di speciale
Sono un neofita del gruppo. Un uomo che, dopo una vita trascorsa in banca fra conti correnti e bilanci societari ha trovato in quest’attività di volontariato una linfa necessaria per non sentirsi un pensionato da inutile panchina ai giardinetti sotto casa.
Sono ancora poche le esperienze che hanno attraversato il mio cuore di volontario, ma fra queste poche ce n’è una per me molto significativa.
Un’esperienza che ho vissuto recentemente all’ospedale di Siviglia, caliente cittadina della caliente Spagna.
Arrivai trafelato in quella città dopo un viaggio non lungo ma faticoso. Un po’ spaesato e decisamente sudato dall’ansia al cospetto di quel grande ospedale.
Era quella la mia prima missione internazionale e la paura di non essere adeguato e tradire la fiducia accordatami era tanta.
Mi guardavo intorno, guardavo quel grande parcheggio, quel via vai di ambulanze e di sguardi preoccupati per la salute di un famigliare o un amico; sfilavano davanti a me entrando e uscendo dalla porta a vetri quando, quasi all’improvviso e catapultata chissà da dove al mio cospetto, mi si presentò davanti un’infermiera.
Mora, latina dal sorriso sincero sotto quel rossetto vistoso che con un magnifico approccio di cordialità mi chiese, abbassando lo sguardo sul mio frigo, se ero io il corriere incaricato della consegna delle cellule staminali che loro attendevano.
Dopo un attimo di smarrimento – non mi aspettavo quell’accoglienza – risposi a quel sorriso sincero affermando che sì, ero io l’uomo che aspettavano.
Il sorriso rossettato di quell’infermiera si fece ancora più ampio; mi fece cenno con la testa di seguirla e ci addentrammo nell’ospedale dove, fra mille corridoi ed atri arrivammo al laboratorio del centro trapianti.
Lei mi lasciò sulla porta; entrai, inforcai gli occhiali e svolsi tutte le procedure di verifica prima della consegna del prodotto.
Mi avviai all’uscita del laboratorio felice e soddisfatto; colmo di sentimenti mai provati prima quando mi sorprese di nuovo quell’infermiera, la stessa di prima, ancora lì sulla porta, ad attendermi nuovamente per accompagnarmi all’uscita dell’ospedale. Mi sorprese l’ospitalità di quella donna.
Chiesi a lei dove avrei potuto prendere l’autobus per il centro città e lei non solo m’indicò la fermata del bus, ma mi ci accompagnò.
Lì, insieme a me attese l’arrivo del bus, fece per me il biglietto e parlò col conducente, raccomandandogli di indicarmi la fermata migliore per il mio hotel.
Il saluto fu speciale, come tutto quell’incontro. Eppure io e quella donna non ci conoscevamo; solo pochi minuti prima ci aveva uniti quella consegna speciale.
Speciale! Così mi sono sentito anch’io! Una persona speciale che stava facendo qualcosa di speciale e che apparteneva ad un gruppo speciale.
Sono molto orgoglioso di farne parte.