Ah, questi Americani...
Che gli americani si amino o si odino, per il loro modo di essere, di porsi, di fare... è un dato di fatto; ma dopo quello che è riuscita a fare questa donna, di certo, almeno in generale, sarà necessario abbassare il livello di gradimento. Nulla di speciale: una missione come tante, semplice e tranquilla. Così appariva e sarebbe stato. Un quasi banale trasferimento, senza neppure l'onere di accertare le caratteristiche del midollo, ma l'inettitudine e l'incapacità (e forse l'incoscienza) di questa donna, ci hanno regalato due ore di incubo. Un Ospedale italiano della Padania, verso est, ha ricoverato nel suo reparto di oncoematologia pediatrica un bimbo, piccolo soli cinque anni, ammalato di leucemia. La miglior indicazione terapeutica per la sua guarigione: il trapianto di midollo osseo.
Dopo lunghe ricerche viene individuato un donatore negli Stati Uniti, a Boston. Il midollo arriverà in Italia, per mezzo di un emissario americano, giovedì alle 09:25 all'aeroporto di Malpensa. I medici dell'ospedale italiano, che ben conoscono il modus operandi degli Americani, chiedono alla nostra organizzazione, specializzata in logistica dei trapianti, di occuparsi di trasportare l'emissario americano dall'aeroporto di Malpensa fino all'ospedale sede del centro trapianti, con lo scopo di diminuire al massimo i tempi di trasporto e quindi il possibile danneggiamento del midollo. Ci comunicano dunque il nome della signora incaricata del trasporto, il piano di viaggio e il suo numero di telefono. Nulla di speciale: una missione come tante semplice tranquilla. Un quasi banale trasferimento, senza particolari delicatezze: incontrare la signora, prenderla a bordo della nostra macchina e, nel modo più rapido e sicuro possibile, portarla all'ospedale, autorizzazione ad usare le sirene... tutto ok! Il nostro centro operativo incarica della missione Chiara, una delle nostre volontarie di Milano, persona responsabile, esperta, ha anche diverse abilitazioni al soccorso e parla inglese. Il giorno precedente abbiamo trasmesso a Chiara tutte le indicazioni: trovati all'aeroporto alle 09:15 massimo, stampati il cartello col nome dell'incaricata, solita routine… Come sempre, più o meno quando lei doveva partire da Boston, gli mando un SMS per augurarle buon volo e chiedere di essere avvisati in caso di ritardo. Nessuna risposta. Probabilmente è tutto ok ma non vuole spendere, penso; situazione non nuova, ahimè. Risparmiare qualche cent con l'arrogante presupposto - non dico nulla quindi tutto ok - quando invece un riscontro sarebbe sempre importante. La mattina della missione riceviamo una generica nota, dall'ospedale italiano che ci aveva dato l'incarico, che forse potevano esserci problemi di ritardo. Alle 09:25 contattiamo Chiara, che ci conferma che il volo, da Parigi, con cui era attesa l'americana, era in orario. Meglio! commentiamo. Alle 09:50 Chiara ci avvisa che, anche a seguito di contatti presi in aeroporto, tutti i passeggeri del volo di Parigi sono usciti ma della nostra persona nessun segno. Diciamo a Chiara di attendere, magari è semplicemente andata in bagno prima di uscire, e chiedendo aiuto alla Polizia aeroportuale e mostrando la documentazione in suo possesso, di far fare un annuncio all'interno dell'aeroporto. Nel frattempo però iniziamo le ricerche. Per prima cosa verifichiamo lo stato del volo da Boston a Parigi, ed ecco la prima sorpresa, tre ore di ritardo in partenza e quindi in arrivo, allora perchè questa non ci ha informato? Perchè non ha risposto all'SMS? Semplice! teneva il telefono spento! scopriremo dopo… Quindi comincia ad apparire evidente che Chiara attenderà invano. Ma l'importante sarebbe capire dov'è… Tentiamo di chiamarla al numero di cellulare fornitoci: ancora spento! Forse ha preso il volo successivo ed è ancora in volo, ipotizziamo. Facciamo qualche verifica, ma risulta incompatibile col telefono spento; o a Parigi o a Milano dovrebbe essere a terra, ma il telefono continua ad essere irraggiungibile. In centrale operativa, su questo caso, viene attivato il codice di massima allerta che prevede che tutti coloro che non sono impegnati in gestione di urgenze lascino da parte le attività normali e collaborino al caso. Assume la direzione delle operazioni Patrizia, la nostra direttrice operativa, la “capa” come la chiamiamo tutti noi affettuosamente, perchè è una capa vera! Come tutti i capi ha grinta, un carattere con qualche spigolatura, ma sopratutto una grande competenza sulle questioni tecnico-organizzative; è quella che la sa più lunga di tutti. Mettiamo in campo tutte le forze disponibili al momento: Patrizia stessa, io e Sabrina (in ufficio), Chiara e, allertabile, Gianni. Gianni è un altro nostro volontario milanese sul campo operativo. Patrizia distribuisce i compiti: io addetto ai contatti esterni, Sabrina alle verifiche informatiche, Patrizia coordinamento e comunicazioni interne, con Chiara e Gianni operativi sul campo. Patrizia mi chiede di attivarmi con l'ospedale e con il coordinamento italiano per sapere se loro hanno riscontri; provvedo. In ospedale parlo sia con l'infermiera che normalmente fa da referente per queste cose, che con la dottoressa che è responsabile delle attività di trapianto e che, non senza ansia, mi dicono di non sapere nulla e mi raccomandano di fare tutto il possibile. Raccomandazione superflua; stavamo già facendo il possibile e ci stavamo preparando per l'impossibile… Ma anche più che comprensibile: perchè se il midollo non fosse arrivato al massimo entro sera, la piccola ricoverata rischiava seriamente di morire, e sarebbe toccato a lei il compito di spiegarlo ai genitori... non ci voglio neppure pensare! Di seguito contatto l'ente italiano che per un dispositivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale è preposto al controllo di queste attività. Mi risponde una funzionaria che seraficamente mi dice che non è più un suo problema, ma bensì del centro trapianti, perchè il suo Ente li ha messi in contatto diretto e quindi non gli compete più nulla. Di fronte alla mia sgomenta perplessità inizia a parlarmi di protocolli e procedure. Quando le dico che le procedure prevedono che il soggetto a cui il suo ente ha affidato il trasporto dovrebbe essere rintracciabile ad un cellulare ma che il numero che ci è stato fornito risulta irraggiungibile dal giorno precedente, mi dice che le dispiace e che farà accertamenti. Resto davvero sgomento ma cerco di non darlo a vedere e, facendo appello a tutta la mia calma, le rappresento che c'è un bimbo ricoverato che aspetta il trapianto e che abbiamo perduto le tracce del midollo da trapiantare e che anche l'ospedale sede del centro trapianto non ha notizie. La mia interlocutrice mi ribadisce che, secondo le procedure, al suo Ente nulla compete in questa fase, però - meno male che c'è un però! - per la sua sensibilità personale e per i buoni rapporti di collaborazione che ci sono, si rende disponibile a fare quel che può essere utile. Apprezzo molto la disponibilità e meno male che ci sono buoni rapporti personali che, a differenza di quel che spesso si dice, sono convinto che hanno il loro valore, molto più di tante inutili e fredde procedure. Chiedo anche a lei di provare ripetutamente a chiamare il numero dell'americana e di provare a contattare il suo Ente omologo negli USA per conoscere se loro hanno informazioni. Nel frattempo mi attivo con i nostri canali istituzionali, importantissimi e sempre disponibili quando li chiamiamo noi, per cercare di capire dove si trova questa persona. Mi dicono che serve tempo. In effetti è necessario accedere al sistema mondiale di tracciabilità dei piani di volo. Rispondo che è necessario fare prima possibile; mi dicono che cercheranno di farlo in 10-15 minuti. Ci aggiorniamo; intanto vedo Patrizia con il braccio alzato, che nel nostro linguaggio significa “appena possibile fermiamoci un attimo e facciamo il punto”. Pronti! Io riferisco per la mia parte, non apportando grandi novità, Sabrina per parte sua dice che è riuscita ad attivare Gianni che si congiungerà con Chiara, cui nel frattempo è stato detto di lasciare Malpensa. Gianni è una sicurezza: siciliano puro, con un istinto veramente notevole, capace di analisi, prendere decisioni ed agire. Patrizia chiede di ricontattare tutti i referenti per verificare se ci sono novità; lo facciamo. Ospedale: nessuna novità ed ansia in crescita. Ente italiano: nessuna novità, nemmeno la nostra “amica” funzionaria è riuscita a contattare l'americana e all'ufficio in USA non rispondono. Ma non hanno un numero d'emergenza? Si ma non sanno nulla! Incredibile! Sono nel frattempo passati 10 minuti: richiamo il nostro referente istituzionale, mi dice prendi carta e penna; e vai! – penso - e contemporaneamente alzo il braccio col pugno chiuso come in segno di vittoria, in centrale operativa prende forma un silenzio perfetto, tutti mi guardano, faccio un cenno di assenso come dire “sappiamo”! Intanto inizio a scrivere, Patrizia non regge l'ansia si alza e mi viene dietro per leggere ciò che scrivo. Ringrazio il mio interlocutore e chiudo la telefonata. Poi con la mia consueta voce qualche tono sopra la media annuncio: sappiamo cos'ha fatto. A Boston ha cambiato volo, è arrivata in Europa via Amsterdam e poi ha volato da Amsterdam a Milano Linate, dov'è atterrata alle 10:20. Guardiamo l'orologio: 10:45… adesso dove sarà?... è la domanda inespressa ma che tutti ci siamo posti in quel momento. Abbiamo fatto un bel passo avanti: sappiamo che è in Italia, ma dove? Proviamo immediatamente a chiamare: telefono irraggiungibile! “Pazza irresponsabile!” commentiamo. Chiediamo a Chiara di congiungersi con Gianni e dirigersi a Linate, ma il percorso tra Malpensa e Linate è davvero lungo in relazione ai tempi che incombono. Stabiliamo di chiedere alla Polizia di Linate di tentare di rintracciarla, di far fare un annuncio; se ne occupa Patrizia. Io intanto contatto prima l'ospedale per dare l'informazione, che viene accolta con comprensibile moderato entusiasmo, assicuriamo che continueremo a fare tutto il possibile. Poi contatto l'Ente italiano e riferisco le novità; qui la soddisfazione è più evidente. Supponendo di non rintracciarla a Linate, facciamo qualche congettura, cercando di entrare nella sua mente e capire cosa può aver fatto. Pur sapendo che qualcuno doveva andare a prenderla ma di non aver avvertito del cambio di volo, quando non ha visto nessuno avrà tentato di raggiungere da sola il centro trapianti. La cosa più normale poteva essere prendere un taxi. Non ce ne preoccupiamo perché, se così fosse, seppur con un po' di ritardo raggiungerebbe sicuramente l'ospedale. Ma, considerato che da alcuni sui comportamenti appariva troppo attenta alle spese, abbiamo escluso che potesse aver preso un taxi. Restavano le ipotesi bus o treno. Ma da quale stazione? Molto difficile… però anche in questa occasione la “capa” ha mostrato tutte le sue capacità. Ha detto: sicuramente è andata a prendere il treno alla centrale! Alcune considerazioni scambiate rapidamente e quello di Patrizia è sembrato il ragionamento più possibile. Abbiamo chiesto a Gianni e Chiara di dirigersi alla stazione centrale di Milano. Nel frattempo abbiamo chiamato la Polizia Ferroviaria e spiegato la situazione, chiedendo anzitutto che ci facessero sapere qual'era il binario del treno, più prossimo a partire, che si sarebbe fermato nella stazione dov'è il nostro centro trapianti. Inoltre li abbiamo informati dell'arrivo di Gianni e Chiara chiedendo tutta l'assistenza possibile. Molto cortesemente si mettono a disposizione, ma ci dicono che il treno sarebbe partito da lì a pochissimi minuti. Avvisiamo di nuovo Gianni e Chiara di fare più presto che possono, che il binario è il sei e che troveranno due agenti della Polfer pronti ad aiutarli. Ricordiamo di aggiornarci appena possibile. Passano quindici interminabili minuti in cui siamo in ansia, ma non chiamiamo per non ostacolare le operazioni e perchè ci fidiamo dei nostri magnifici volontari. Nel frattempo arriva in centrale operativa Lorenzo, uno dei nostri giovani e validi volontari, che percepisce che c'è qualcosa di elettrico nell'aria; lo invito a sedersi, gli spiego cos'è accaduto e lo invito a seguire ciò che accade, perchè potrebbe essere utile alla sua formazione. Diligentissimo, obbedisce e si mette a disposizione se può essere utile. Intanto condividiamo con il centro trapianti le ultime novità e le iniziative intraprese; la dottoressa mi parla con un misto di speranza ed incredulità, chiede se sono sicuro che sia già atterrata a Linate e se sono sicuro che sarà alla stazione centrale. Io mi sento sicuro, so che le informazioni che ho avuto provengono da una fonte certa e sulle deduzioni di Patrizia non ho dubbi, le condivido in pieno, ma dire questo non servirebbe a molto. Cerco di tranquillizzare la dottoressa, poi le chiedo se lei abbia informazioni diverse o idee migliori; con tono rassegnato mi dice di no! Allora replico: tanto vale provare, non costa nulla, al massimo saremo nella stessa condizione di adesso! Dopo pochi minuti dalla fine di questa telefonata, ma che sembrano davvero tanti, suona il telefono… silenzio in ufficio… la capa risponde tesa, poi però, io che la conosco da sempre, vedo che il suo viso si distende, sono frazioni di secondo, sorride e grida “CE L'HANNO!!! GRANDI!!!”; saluta frettolosamente e poi ci dice che Chiara e Gianni l'hanno rintracciata mentre era sul treno ed adesso la porteranno, con la nostra macchina e a sirene spiegate, all'ospedale dove tutti l'attenderanno con trepidazione, sopratutto i genitori della piccola. Il trapianto si potrà fare! Solo qualche attimo e poi via, si deve comunicare la notizia alla dottoressa del centro trapianti. Richiamo il numero dalla memoria del cellulare, lo invio, dall'altra parte il telefono non finisce neppure il primo squillo che una voce conosciuta mi dice “sono Monica, mi dica”: io trionfante comunico la notizia, che l'abbiamo trovata, è con i nostri colleghi, nella nostra macchina, al massimo in un'ora sarà lì. Monica a voce alta ripete le mie parole per condividere la notizia con gli altri del centro trapianti e percepisco esclamazioni di gioia. Patrizia, sempre vigile e diligente, riporta la centrale operativa al livello di attenzione e solo io resterò impegnato su questo caso fino alla sua conclusione. Intanto chiamo l'Ente italiano e comunico l'avvenuto rintracciamento ed il trasferimento in corso; la notizia non viene accolta con grande entusiasmo, forse perchè la capacità dimostrata fa un po' invidia... forse perchè per loro è solo una pratica archiviata; ecco sì, il senso che percepisco è proprio quello di una pratica archiviata. Resta solo una cosa da fare: capire il comportamento di questa americana. Chiamo Chiara; risponde Gianni, che mi racconta, ancora concitato, le fasi del rintracciamento, di quanto siano stati tempestivi e di quanto sia stato importante l'apporto della Polfer. Ascolto attento ed emozionato anch'io. Poi chiedo di parlare con Chiara e le chiedo se lei ha capito qualcosa, se ha avuto una spiegazione; mi risponde di no. A quel punto chiedo di passare il telefono all'americana, le chiedo cos'è accaduto e lei, seraficamente, mi risponde che, siccome il volo originario era in ritardo, ha cambiato volo. Ed alla mia incalzante domanda perchè non aveva avvisato nessuno e perchè aveva il telefono spento, dopo qualche secondo di silenzio ha saputo dire solo “sorry”! “Sorry n'par de ciufoli” come direbbe un amico mio caratterista dialettale! Lorenzo mi guarda sorpreso e un po' divertito, vista la tensione stemperata, sa che nelle cose ufficiali non sono incline ad andare sopra alle righe, ma questo gli da anche il senso di quanto sia stata vissuta intensamente la vicenda, di questa emissaria americana che, con il suo comportamento sconsiderato, ha messo in crisi un sistema con caratteristiche e responsabilità importanti, oltre che mettere in seria apprensione una famiglia che temeva per la vita della sua piccola. Tutto questo senza motivo, solo per incuria, per totale assenza di senso di responsabilità nel lavoro di squadra. Eh no! cara signora americana, così non si fa! Non si fa proprio! Anche all'ospedale ti hanno ben chiaramente spiegato che non si fa! Che non sei il centro del mondo! E spero che chi ha la facoltà di decidere di affidare questi incarichi a queste persone incapaci sappia trarre i giusti argomenti di riflessione e cambiare di conseguenza, anche perchè non è la prima ed unica volta che accade. Spero che alla logica del quattrino e della prostrazione supina prevalga il senso di responsabilità verso tante persone che si affidano a queste cure per ritrovare la vita e la dignità di quella vita ma... questa è un'altra storia…