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Guido B.

Faccio parte anch’io del gruppo dei corrieri volontari del Nucleo Operativo di Protezione Civile, che si occupa del trasporto, intercontinentale e non, di emoderivati (midollo osseo, cellule staminali, linfociti) principalmente per i malati leucemici dei vari ospedali italiani (soprattutto pediatrie).

Faccio parte anch’io del gruppo dei corrieri volontari del Nucleo Operativo di Protezione Civile, che si occupa del trasporto, intercontinentale e non, di emoderivati (midollo osseo, cellule staminali, linfociti) principalmente per i malati leucemici dei vari ospedali italiani (soprattutto pediatrie).

Il mio impegno è iniziato nel settembre 2004 con un viaggio alle Hawaii per prendere del midollo osseo per l’ospedale di Bergamo. È stato un viaggio lungo (25 ore per tratta con relative soste di cambio aerei). È stato un viaggio interessante anche dal punto di vista turistico. Ho potuto ammirare la vita dei polinesiani, la tipica vegetazione nel suo habitat, pergolati di orchidee pendenti, siepi di hibiscus rossi, gialli e arancioni; palme di tutte le specie, piantagioni di ananas, pesci tropicali, enormi testuggini stanziali. Gli indigeni che danzavano al tramonto, bassi di statura ma ben torniti. La loro vita media è calcolata (così mi han detto) sui 37 anni; in effetti non ho intravisto nessuno anziano. Gente semplice, la cui lingua è formata da 7 consonanti e 5 vocali; si spiegano così le loro parole formate da doppi gruppi sillabici uguali (ad es. waykiki, Honolulu, ukulele, ecc.). Poco prima del tramonto, una sera mi ha colpito un uomo europeo, macilento, seduto sotto uno dei tanti gazebo che delimitano il marciapiede dalla spiaggia, che suonava con un vecchissimo violino, struggentemente, la “Serenata di Schubert”. Sembrava anacronistico, ma l’atmosfera era perfetta per quel tipo di musica.

Tra i viaggi vari in Canada (Montreal, Winnipeg, Toronto, Calgary, Hamilton, Ottawa, Niagara Falls, Vancouver) quello che più mi ha colpito dal punto di vista turistico è stato Vancouver ed in secondo luogo Ottawa. Mi ha invece preoccupato l’ultimo viaggio in Canada, ad Hamilton (via Toronto) dove sono andato a prendere del midollo osseo per un bambino dell’ospedale “Bambin Gesù” di Roma. Dopo aver fatto tappa a Toronto (mese di febbraio) con tempo bello, anche se ai bordi delle strade c’era qualche mucchio di neve, mi trasferisco in autobus (circa un’ora di strada) alla volta di Hamilton, anche per ammirare il paesaggio innevato tipicamente canadese. Mi sistemo in albergo per la notte; il giorno successivo avrei dovuto recarmi al centro prelievo dove mi avrebbero consegnato il midollo. Accendo la televisione; le previsioni meteo per quella notte ed il giorno successivo davano tempesta di neve, con chiusura delle principali strade. La mia preoccupazione iniziava a salire. Il giorno successivo era tutto bianco, stava ancora nevicando ma il traffico scorreva, seppur lentamente. Dovevo andare in ospedale per il prelievo, quindi recarmi in taxi all’aeroporto di Toronto per volare a Francoforte e da qui a Roma. Dovevo percorrere trenta minuti di strada a condizioni normali. Il tassista mi assicura che le strade sono percorribili, in principal modo la highway per Toronto. Partiamo, comincia a nevicare molto fine, molto fitto e ghiacciato, il taxi camminava lentamente a distanza di sicurezza dalle altre auto. Ogni tanto si incontravano macchine ferme ai bordi della strada; devo dire che non era per niente tranquillo, anche se mi fidavo di un autista abituato a guidare in simili condizioni. Ad un tratto però, non so perché, forse per un blocco di ghiaccio staccatosi dall’auto che procedeva di fronte, l’autista perse il controllo della vettura, tanto che cominciò a slittare prima a destra poi a sinistra; fortunatamente il traffico era distanziato tra una macchina e l’altra. Dopo qualche secondo l’autista riprendeva il controllo del mezzo e potemmo proseguire ed arrivare in aeroporto senza altri intoppi ma circa un’ora e mezza più tardi del previsto. Intanto continuava a nevicare sempre più forte. L’orario delle partenze era pieno di voli cancellati (New York, Boston, Washington e tutti i voli per gli Stati Uniti orientali). Il volo per Francoforte risultava in orario; mi sembrò di toccare il cielo con un dito. Ci imbarcammo in perfetto orario, ma stava nevicando e per impedire alla neve di entrare nelle stive dovettero procedere lentamente al carico bagagli. Finalmente ci siamo mossi, con due ore di ritardo; nel frattempo sulle ali e sulla carlinga si erano formati circa 40 cm di neve, per cui ci siamo fermati ulteriormente per ciò che, in termine tecnico, è chiamato “de-icing” (cioè la pulitura della neve a mezzo di getti di una sostanza specifica mescolata ad acqua calda). Finalmente siamo decollati, con mio grande sollievo, soprattutto conscio che qualcuno mi stava aspettando per poter continuare a vivere. Dopo lo scalo di Francoforte ho fatto a tempo per la coincidenza per Roma. Arrivato a Fiumicino, con il mio cooler ben stretto nella mano, mi accorgo di essere seguito da una passeggera che era arrivata con il mio stesso volo da Francoforte. Questa signora mi chiama, chiedendomi se andavo all’ospedale; alla mia risposta affermativa le dicevo che se aveva bisogno di un passaggio doveva dirmi in quale ospedale era diretta in quanto io dovevo andare al “Bambin Gesù”. Guardandomi in maniera intensa mi chiese se avevo del midollo osseo e se arrivavo dal Canada. Al mio sì, mi rispose che il midollo era per suo nipote, al ché ad entrambi si inumidirono gli occhi. Salito sulla macchina che mi stava aspettando, a sirene spiegate arrivammo nei pressi dell’ospedale; da una brevissima sosta all’ultimo semaforo, una macchina si accosta alla nostra, dove una donna dal finestrino mi ha fatto capire di essere la madre del bambino. Si stava recando all’ospedale per il trapianto che era atteso per le venti; erano le diciotto. In quel momento non mi ricordavo più della slittata sul ghiaccio sulla via di Toronto; sarei ripartito anche subito per un’altra missione fosse stato necessario anche andare in capo al mondo.

Ricordo di un altro episodio: durante una consegna, sono entrato nel laboratorio. Il collega che mi aveva accompagnato era rimasto fuori ad attendermi. All’uscita, davanti alla porta del laboratorio dove avevo consegnato, c’era un uomo con una mascherina al naso. Il mio accompagnatore mi ha detto che era il padre del bambino e che lo aveva saputo dopo aver sentito urlare al cellulare “è arrivato il midollo! è arrivato il midollo!”.

Quando l’Italia giocava contro la Francia per i campionati mondiali di calcio, io ero a Wiesbaden, in Germania, a prendere un midollo osseo per un bambino di sei mesi, ricoverato presso la pediatria di Brescia. Camminavo per la zona pedonale del centro città, tutta piena di bar-caffè, ristorantini con tavoli per la strada, vicino a schermi giganti per le partite. Ero talmente assorto, pensando al giorno seguente in cui sarei andato a ritirare il midollo, che non mi rendevo conto di ciò che stava accadendo intorno a me. Ad un certo punto chiesi al barman di un cafè chi avesse vinto la partita; mi rispose che non era ancora incominciata. Mi fermai quindi a cena, guardando la partita in cerca di un po’ di relax. Il giorno dopo ritirai come previsto e partii per Milano e quindi per Brescia. All’ospedale mi presentarono i genitori e i nonni del bambino che riceveva il midollo osseo. Sembravano due studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori, tanto erano giovani. Riuscii a far loro gli auguri senza poter continuare, a causa del groppo che mi si era formato in gola. Da quella volta chiesi alla dottoressa che non mi presentassero più nessuno.

A volte succede che dobbiamo fare i conti con le condizioni meteorologiche. In un altro viaggio dovevo portare il midollo a Piacenza dalla Germania. Arrivato a Monaco seppi che il volo per Venezia era ritardato a tempo indefinito a causa della nebbia. Conoscendo la pianura padana, ed essendo di pomeriggio, la situazione poteva solo peggiorare. Quindi mi feci imbarcare dopo dieci minuti per Bologna, sperando che nel frattempo la nebbia non investisse anche quest’ultima città avvisando, prima dell’imbarco, il mio ufficio della nuova destinazione. Il collega che era venuto a prendermi per trasferirmi poi dall’aeroporto all’ospedale, viaggiava già all’altezza di Padova verso Venezia. È forse necessario dire che in particolari casi come questi, allo scopo di abbreviare il più possibile il viaggio, gli spostamenti via terra vengono organizzati con nostre autovetture d’istituto che sono dotate di lampeggiatore e sirena, allo scopo di meglio districarsi nelle situazioni difficili di traffico. Dunque il collega fu contattato per cambiare destinazione e dirigersi a Bologna. Arrivati sopra l’aeroporto ci avvisarono che c’era nebbia e l’atterraggio, per il momento, era impossibile e che, dopo un’attesa di venti minuti, saremmo stati dirottati su Firenze. Dovevo avvisare ma non potevo, in quanto non è consentito, per motivi di sicurezza, l’uso di telefoni cellulari a bordo. Come fare? Contattai il comandante dandogli il numero di telefono del mio ufficio in maniera che fossero avvisati del nuovo scalo e che quindi, come predetto, non andassero a prendermi a Bologna bensì a Firenze. Così è avvenuto. A Firenze mi attendeva un altro collega, nel frattempo allertato, che provvedeva a recapitare il midollo a destino, in tempo per il trapianto.

Sempre per parlare di inconvenienti che possono intercorrere nel nostro operato, citerei un ultimo episodio, avvenuto sempre d’inverno. Dovevo andare a Cipro a prelevare dei linfociti. Parto prestissimo da Pisa per Malpensa, onde sarei dovuto imbarcarmi sul volo per Larnaca. Incomincia a nevicare a Milano e, dopo venti minuti che eravamo a bordo, ci fanno sbarcare per cancellazione del volo. Poco male; all’andata potevo anche ritardare qualche ora. Quindi volo da Pisa a Roma, poi ad Atene, quindi a Cipro. Quattro ore di ritardo. Il giorno del ritorno l’itinerario era Cipro - Atene - Roma - Reggio Calabria, nel cui ospedale dovevo consegnare il prezioso materiale biologico per il trapianto. Parto di pomeriggio con i linfociti. Arrivo regolarmente ad Atene dove, dopo una mezz’ora, mi avvisano che il volo per Roma era cancellato. Non essendoci altre possibilità di partenza fino al giorno dopo alle nove. Mi ricordavo di avere una prenotazione sul volo delle sette (due ore prima) che, naturalmente, l’impiegata Alitalia, con l’irresponsabilità di chi non ha ben capito il compito a cui siamo chiamati, non mi aveva neanche proposto. Forte di tale prenotazione riesco a partire alle sette del giorno successivo. Fortunatamente il volo da Roma per Reggio Calabria non era stato cancellato. Arrivo a Reggio alle undici del mattino invece che alle ventitre del giorno precedente. In aeroporto doveva esserci il primario a prelevare i linfociti ma, essendoci uno sciopero dei medici, era dovuto rimanere in ospedale a fare un espianto. Quindi prendo un taxi e raggiungo l’ospedale dove faccio la dovuta consegna. Avevo intanto perso il volo di ritorno; sono partito la sera, ma ormai avevo consegnato ed eventuali ritardi mi sfioravano appena. Parto per Roma e quindi per Pisa ma, strano a dirsi, il volo per Pisa è cancellato. Quindi cena e pernottamento al satellite, con partenza per Pisa il giorno successivo.

Questi sono solo alcuni accenni di ciò che mi è capitato, ma c’è sempre qualcosa o qualcuno, che fa in maniera che tutto vada per il meglio. Spero solo di avere ancora tanta salute per poter continuare a lungo, perché è davvero troppo gratificante.

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