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David D. P.

Bianco e quadrato il protagonista

Il sole incendia l’alba verso la Sierra di quella mattina madrilena. Un’arancione infuocato annunciato dalla brezza pre-estiva mi fa da sveglia.
Sono lì, incollato con gli occhi alla finestra della camera del mio hotel. Già sveglio. Molto prima del dovuto (è difficile del resto dormire tranquillo prima di una missione) dopo la colazione esco dall'albergo. Con tutta calma.
Le lancette del mio orologio corrono lente. Sospiro, ho tempo.
L’ansia della missione inizia a rigirare le sue onde nel mio animo, ma cerco di controllarmi; ho tempo.

 

M’incammino assaporandomi quelle viuzze nervose e ciottolate del centro città dove gli avanzi della notte appena consumata vengono spazzati via dalle scope degli operatori della nettezza. Qualche vetro tintinna scorrendo sui ciottoli, il profumo di pane in forno esce dalle prime serrande che si alzano, un portone si chiude alle spalle di un uomo elegante che, valigetta alla mano, si avvia al lavoro. La città si sta svegliando, riguardo l’orologio; ho tempo…

Trascinandomi il bagaglio e stringendo bene nell’altra mano il frigo che fra poco si riempirà di vita, m’incammino verso la fermata della metropolitana. L’elegante piazza si apre ai miei occhi e al primo tiepido sole del mattino, mentre tutt’intorno, il calpestio di piedi sul ciottolato, mi fa capire che sempre più la città si sta svegliando; sempre più piedi ansiosi corrono verso una giornata piena d’impegni; ma io ho tempo.

Mi avvio verso le scale della metro, inizio a scendere e mi sfilano accanto; su ogni lato sempre più persone che corrono per arrivare in ufficio.
Solo pochi che, come me, si trascinano lentamente con gli orologi rallentati, fra i cunicoli di scale e corridoi umidi e anonimi della stazione. Più mi avvicino al binario, più il borbottio del parlottare delle persone aumenta, più il pesticcio di mille tacchi si fa nervoso.
C’è calca e la folla, appostata sul marciapiede, sgomita vistosamente in attesa del treno.
Sorrido; mi scanso mettendomi da una parte. Ho tempo…

Prenderò il treno dopo. Il fischio ululato dal tunnel annuncia il treno. Una frenata. La sosta. Le porte che si aprono e ingoiano quella folla sgomitante. Si richiudono freneticamente alle loro spalle. Poi via, nel buio, fino a sparire nel gorgo del tunnel seguente.
Sul marciapiede umido ora c’è un silenzio incredibile. Mi guardo intorno e di fronte. Siamo in pochissimi sulle panchine adesso e anche un colpo di tosse squarcia quel silenzio quasi irreale. Mi siedo anch’io su una panchina. Riguardo l’orologio; ho tempo… e allora quasi in un gioco mi diverto a fissare i volti dei presenti. Cerco di cogliere le loro espressioni. Alcuni sono intenti a leggere il proprio e-book, altri a sfogliare le pagine fresche delle news fornite col primo caffè dal quotidiano del mattino. C'è poi chi gioca tintinnando nervosamente con smorfie buffe sui tasti del telefono, chi aspetta il treno ad occhi noiosamente socchiusi, chi guarda ipnotizzato la bocca della galleria dalla quale spunterà a breve il treno. C'è poi chi si alza, si sposta più avanti per avvicinarsi a me e poi rallenta...

Qualsiasi siano le attività di distrazione in attesa del prossimo treno, tutti, ma proprio tutti coloro che arrivano lì sulla pensilina, scopro che sono intenti, senza dar troppo nell’occhio, a cercare di scorgere quella scritta a caratteri cubitali che campeggia su quel mio frigorifero che, da lì a breve, sarà riempito con la nuova speranza di vita per qualcuno.

Lui, quel piccolo e quadrato contenitore bianco è il polo attrattivo della pensilina. Su di lui tutti puntano lo sguardo che sia severo, distratto o fugace. Nonostante la fretta e i pensieri della mattina è lui il protagonista.

Il fischio ululato dal tunnel annuncia il nuovo treno. Una frenata. La sosta. Le porte che si aprono e quella folla, prima sgomitante, che fa spazio a lui.
Mi guardano in faccia con un sorriso e mi fanno cenno di passare. Tutti!
Chi sono io poco importa, ma chi è lui, il frigo, tutti l’hanno capito! Le porte si chiudono alle mie spalle, la folla nervosa e sgomitante si fa quasi ossequiosa per lasciare a lui lo spazio che merita. Poi via, nel buio del tunnel. Ognuno verso la sua meta ed ognuno verso il suo destino…

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