Mio marito, da qualche anno, fa parte del Nucleo Operativo di Protezione Civile. Mi sono subito interessata anch’io a ciò che faceva, soprattutto perché lo vedevo così impegnato, soddisfatto e realizzato che ho voluto capire cosa fosse quella cosa che lo faceva sentire così felice di poter aiutare il prossimo. Così ho capito e mi sono appassionata così tanto che ho deciso di iniziare anch’io questa “avventura”, affiancandolo nei viaggi in macchina sia in Italia che all’estero.
Mio marito, da qualche anno, fa parte del Nucleo Operativo di Protezione Civile. Mi sono subito interessata anch’io a ciò che faceva, soprattutto perché lo vedevo così impegnato, soddisfatto e realizzato che ho voluto capire cosa fosse quella cosa che lo faceva sentire così felice di poter aiutare il prossimo. Così ho capito e mi sono appassionata così tanto che ho deciso di iniziare anch’io questa “avventura”, affiancandolo nei viaggi in macchina sia in Italia che all’estero.
Uno di questi viaggi mi ha colpito in modo particolare: trasportavamo delle cellule staminali da Verona per una paziente di San Giovanni Rotondo. Alle 21:00 giungemmo in ospedale, dopo un lungo viaggio che ci aveva fatto attraversare quasi tutta l’Italia. Salimmo in ascensore e quando le porte si aprirono vidi un ragazzo che poteva avere l’età di mio figlio e che stava parlando al cellulare. Lo sentii dire al suo interlocutore che il corriere non era ancora arrivato e che lui era molto preoccupato, quando ci vide e soprattutto vide il contenitore con cui trasportiamo le cellule; smise di parlare al telefono e ci venne incontro chiedendoci se eravamo quelli che lui s’immaginava. Alla nostra risposta affermativa, lasciandoci senza parole, si mise a piangere, sfogandosi certamente con un pianto liberatorio ed allentando la tensione di quel giorno. Poi ci disse che quelle cellule erano per sua madre che quella sera in particolare non stava troppo bene e ci ringraziò in maniera molto commovente. Mentre aspettavamo che venisse il medico a cui dovevamo consegnare le cellule, vedemmo uscire da una stanza vicina alcune persone alle quali il ragazzo ci indicò ed anche loro ci salutarono e ringraziarono. Erano altri parenti della signora in attesa di trapianto riunitisi lì per darle coraggio ed esserle vicini.
È una storia semplice ma non so perché mi ha colpito più di altre e mi trovo spesso a ricordare il viso stanco e triste di quel figlio preoccupato per sua madre.
Sono felice di poter esse utile al prossimo. Non posso terminare queste righe senza aggiungere una cosa ugualmente importante: oltre ad avere avuto esperienze che mi hanno dato molto, l’incontro con il Nucleo Operativo di Protezione Civile mi ha regalato anche una nuova, inaspettata, amica, la mia cara Patri.